L'idea è molto semplice

Non hai tempo di cercare un meccanico, allora è il meccanico a venire da te, così mentre tu sei al lavoro o studi, qualcuno ti ripara la bicicletta e quando scendi in strada devi solo salirci sopra e ricominciare a pedalare. Telefono 377 2886018
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venerdì 12 agosto 2011

Graziella TI AMO




Una chiave da otto, una da nove, una da dieci, un'altra ancora da undici, molto più raramente la chiave da dodici, molto più spesso quella da tredici per il bulloni delle ruote e per la sella. Una pinza un cacciavite piatto. Ecco realizzata la mia prima cicloOfficina all'età di tredici anni, tredici come la chiave della sella e delle ruote della Graziella.
Per quanto mi sforzi di ricordare, non ricordo la mia prima bicicletta, e neppure la prima che rubai.
Non ho mai portato la bicicletta da un ciclista e quando lo facevo pretendevo di restare li a guardare, poi facevo domande, un sacco di domande e ad un certo punto Franco il ciclista si decise a spiegarmi come si riparavano le biciclette, i trucchi e le regole assolute che regolano gli equilibri di una bicicletta. Gli costava meno spiegarmi come riparare una bicicletta che avermi fra i piedi tutto il tempo.
Ancora oggi a distanza di trent'anni non ho ancora compreso le ragioni di quella passione, credo che abbia a che fare con il desiderio di autonomia, di non dipendere dai grandi, e questo mi basta.
Quello che non ho definitivamente messo a fuoco, che fatico ancora a descrivere, ha a che fare con quel sottile piacere di afferrare una chiave da otto, e serrare un dato: vestire un dado con la chiave giusta, dare un paio di giri, arrivare a fine corsa e poi serrare con un ultimo colpo il dado al bullone; poco più di un millimetro di corsa. Svestire il dado dalla chiave e godersi quella sensazione rassicurante di aver fatto quella cosa bene, e di averla fatta io.
Il passaggio dal dado da otto a quello da diciassette, passando da quello da quindici è immediato, ogni dato ha un compito ben preciso e spesso compie sempre la stessa funzione per il resto della sua carriera, ogni dado e bullone hanno la propria incrollabile vocazione.
Il dado che serra il cavo dei freni, quello piatto per la registrazione dei coni delle ruote al cui interno sono alloggiate le sfere che garantiscono la corretta scorrevolezza delle ruote.
La bicicletta è come una sorta di alveare, ogni ape ha la sua funzione, ad ogni parte meccanica viene assegnato un compito, non ci sono vacanze, ferie, contributi, non si va in pensione. Le biciclette, non si innamorano, non soffrono. Fanno innamorare e quando lo fanno lo fanno veramente bene. Possono avere un nome, uno o più colori e possono avere diversi amanti.
Non soffrono se le abbandoni, invecchiano senza lamentarsi, e poi sanno risorgere meglio di un Cristo.
Non hanno padroni. Le rubano di continuo!
Ora capisco un pochino meglio.
Le biciclette vivono senza morire, seducono senza soffrire, regalano paesaggi, non ti rinfacciano nulla e nulla chiedono. Sono specchi in cui riflettersi. Un dado dei freni serrato male ti porta oltre il punto in cui avresti voluto fermarti, una gomma sgonfia ti porta in quel punto affaticato al punto da non goderti la meta.
E' una questione di dadi e atmosfere giuste.